I passi affrettati dei vicini e il mormorare tipico di chi non vuole far rumore mentre è pervaso dall’euforia, mi svegliarono da un sonno non molto profondo. Erano circa le due di notte di un autunno appena iniziato e mi trovavo a Grundarfjörður, nel nordovest dell’Islanda. Aprii leggermente le tende per osservare l’immobilità della notte, giusto un angolo di telo prima di comprendere quel trambusto: corsi all’armadio, infilai i primi pantaloni che trovai, afferrai una fotocamera e mi precipitai fuori. Non era la prima, ma là fuori nella notte oscura stava danzando l’aurora più bella che avessi mai visto.
L’oscurità altera la nostra percezione, le forme cambiano dimensi[…]